domenica 29 maggio 2016

La problematica dell'hashtag


I social network hanno rivoluzionato il nostro modo di comportarci, di agire, di pensare; il business del futuro è quello del Posturologo, mirato alla messa in asse di segmenti cervicali di colonne vertebrali deviate dall’uso compulsivo dello smartphone.
Stando sempre connessi, finiamo per vivere la quotidianità con il terrore del demone della reperibilità costante: noi osserviamo “le vite degli altri” restituendo, in cambio, la versione di noi stessi, con gli opportuni tagli e censure.
Quindi i social sono una sorta di male reincarnato che, utilizzati per i giusti fini, possono però rivelare una certa utilità: utili per farsi pubblicità, per raggiungere con le proprie idee un pubblico vasto, per conoscere eventi a cui si vuole partecipare e tanto altro.
E per sponsorizzare cosa c’è di meglio dell’uso di un bell’hashtag (anche se non siamo su Twitter)?
Piccola parentesi, cosa cavolo usiamo Twitter, che i miei unici follower sono il giornalaio sotto casa e il fruttivendolo vicino l’università?
Ma comunque.
Vediamo un po’ la classifica degli hashtag più belli e dannati di Facebook.

1) #NoPain #NoGain: a cui potremmo aggiungere in modo affabile #NoBrain. Cugino di #workout, è il preferito dai palestrati, body builder, gente che si fa urlare contro dagli istruttori di Crossfitt, ragazze che fanno Zumba… Zumba… Zumba. Ma veramente?
L’utilizzo di tale hashtag è di solito associato a foto dell’utente mentre mette in mostra la sua poderosa massa o, in alternativa, alla pietanza di cui ha deciso di cibarsi quel giorno (pollo, riso e piselli e uova sbattute dominano la scena).

2) #fuoric’#èilsole : ma ammè che cazzo me ne frega ammè, io c’ho gli esami.
Diventato celebre dopo il capolavoro compositivo di Lorenzo Fragola, è l’hashtag prezzemolo, va bene con tutto e su tutto.
Nuovo taglio di capelli? #fuoric’#èilsole
Giornata a mare? #fuoric’#èilsole
Fotobook di te a la tua amica con 38 foto TUTTE UGUALI? #fuoric’#èilsole
Uscite con gli amici a commettere il più grave fra i peccati capitali, l’APERICENA? #fuoric’#èilsole

3) #like4like: perché devo vivere in questa epoca storica?
Bé, diciamo che questo è il prezzemolo 2. Mentre il precedente è più adatto alla stagione estiva, il #like4like risulta ubiquitario e si adatta a tutte le stagioni. Buttato lì, quasi per caso, in mezzo ai fratellini e alle sorelline come #like, #followme, #followforlike e altre becere amenità.
Fondamentalmente è una richiesta d’aiuto, ma per i motivi sbagliati. Uno potrebbe pensare che sia un SOS, un richiamo per ricevere quella benedetta visita psichiatrica rimandata da tanto tempo, e invece è una richiesta di like. O meglio, un BARATTO. Io ti metto mi piace se tu lo fai a me, indipendentemente se il contenuto della foto/commento/roba sia di tuo interesse o meno.
Prostituzione intellettuale.

4) #model: Nave scuola della pubertà.
E qua possiamo individuare due categorie: quella delle modelle vere (su cui i ragazzini delle medie e delle superiori stanno ancora perdendo diottrie… vanno ancora di moda le battute sull’associazione masturbazione-cecità, vero?) e quelle delle pseudo-modelle, che rientrano a tutti i costi nella categoria psicopatologica del narcisismo.
Mirando al raggiungimento della visibilità più assoluta, l’hashtag #model mira a rinfrancare la propria autostima con foto che vanno dal genere “Bella&Dannata” al “Puttanone di quarto livello”.

#ognicosariportataquisopraèsolofruttodelsentitodire #mancodiesperienzasuquestoargomento #mel’#hadettomiocuggino

5) #tatoo: “La gente che ha rovinato il mondo ha la cravatta, non i tatuaggi…”
L’arte dei tatuaggi è una cosa che rispetto moltissimo, il tatuaggio ha un significato simbolico, rappresenta una seconda pelle della quale decidiamo di vestirci. Benissimo. Come al solito il problema non è la pratica, sono le persone.
Esempi: L’equazione di Dirac, (∂ + m) ψ = 0, la più bella equazione della fisica etc. Immagino solo la reazione di Sheldon Cooper al romanticismo spicciolo che è stato attribuito a questi segni di cui, la maggior parte delle persone (perché dai, diciamolo, non siamo tutti fisici teorici) non saprebbe attribuire alcun significato.
Anche il simbolo dell’infinito è un altro di quei tatuaggi abusati… ma questa passione per la matematica da dove deriva? Al liceo non eravate in grado di risolvere un sistema a due variabili e adesso devono darvi il premio Nobel per la fisica?

6) #instafood: “
In realtà nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia.”
Eccoci al grande crossover Facebook-Instagram.
C’è poco da dire. Ti sei messo a dieta a maggio, perché tu ci credi nei miracoli, e stai bestemmiando contro la povera insalatina con rucola, due pomodorini mezzi morti e giusto un goccio d’olio quand’ecco che appare: #instafood #sushi #japan… e tu ci muori un po’ dentro.
A rincarare la dose ci penserà poi l’hashtag #foodporn.

7) #commentimemorabili: Come?
E qui c’è la degenerazione della corteccia cerebrale che ci mette del suo.
So che vi giungerà nuova questa, ma pare esista una pagina dal nome Commenti Memorabili, che ha il compito di raccogliere tutti i commenti simpaticoni del Web e racchiuderli insieme in un unico grande manicomio.
Poiché gli utenti facebook sono svegli, per richiamare l’attenzione dei gestori della pagina su un commento in particolare, decidono di commentare con #commentimemorabili.
Il risultato è che 1) Non stai taggando la pagina; 2) Se provi a scrivere nel tasto di ricerca #commentimemorabili ti ritirano la licenza di scuola elementare.

8) #bestfriend: “L'amicizia è Amore senza le sue ali”
L’hashtag spezza cuori. La friend zone pare essere diventata la piaga del nuovo millennio, e tanti piccoli adolescenti pare ci prendano gusto nel farsi prendere per il culo, magari attraverso dichiarazioni d’amore su What’s up o altri media più o meno illegali.
E quindi capita di vedere il povero disperato taggato nel post della sua amata; nel post di solito sono incluse le foto di regali (un mazzo di fiori, nel migliore dei casi) con la frase paracula per eccellenza: “Guardate cosa mi ha regalato Enzuccio mio bello!!! Grazie amore!!! <3 #bestfriend”

9) #cat: “Forti i gatti... loro stanno un po' di qua e un po' di là.”
Padroni del Web incontrastati, gli amici felini popolano tutti i social Network.
Su Youtube i nostri beniamini sono protagonisti di imprese superlative, come la corsa dentro gli scatoloni, la fuga dalla vasca piena di acqua e il miagolio buffo.
E su facebook e su instagram spopolano le foto di gatti che dormono, gatti che si spaparanzano sui libri, gatti, gatti, gatti.
Sì, Kira, adesso ti porto i croccantini, arrivo subito.

10) #ciaopoveri:
– Ma, eminenza, Gesù Cristo non è morto povero?
– Appunto, non vogliamo fare la stessa fine.
Ecco un nuovo tormentone, nato dalla luminosissima stella di Baby George, che mi disprezza. E giustamente, tra l’altro.
In ogni caso, il #ciaopoveri diventa un modo per il ceto medio-borghese di facebook di far apprezzare agli altri la propria arrampicata sociale (verso quale obbiettivo, lo sanno solo loro).
E quindi via di foto con Lamborghini (non di loro proprietà), foto nella barca a vela degli amici (loro, davvero, autentici Paperoni della mondanità italiana), post in cui si brinda “a chi ci vuole male” (manie persecutorie perché la gente li invidia) e, infine, la micidiale associazione nello stesso post con #top e #toppissimo.
L’alternativa è la foto dell’aperitivo col cocktail smezzato… ma la foto con #ciaopoveri non poteva mancare.

E quindi concludo qui la mia analisi antroposociologica anche perché devo iniziare a studiare.

#studio #studiomattoedisperatissimo #sessioneestiva #comefarò

domenica 6 luglio 2014

L’esaminando. Studio ed interpretazione del condannato all’orale.

Gli esami non finiscono mai, lo diceva Eduardo de Filippo, uno dei più grandi interpreti della vita attraverso il palcoscenico. E a questo fato sono destinati tutti coloro che, non dotati di qualità calcistiche fenomenali o di capacità interpretative degne della miglior Tina Cipollari o semplicemente di tette grosse e cervello inversamente proporzionale alle prime, decideranno di intraprendere la carriera universitaria.
Un piccolo assaggio di quello che capita nell’ambito universitario è dato dall’esame di maturità, così temuto ma allo stesso tempo così amato. Perché alla fine, la notte prima degli esami è diventata un’icona pop della nostra generazione; essa si carica di una serie di connotazioni emotive ed affettive che non possono essere trascurate. La notte prima degli esami coincide con una nostra maturazione personale, significa crescere, dire addio ai banchi di scuola, significa aprirsi a tutto ciò che è davanti. Scuola è alle spalle, il Mondo avanti.
Peccato che di notte prima degli esami non ce ne sia solo una. Nell’ambito universitario, il povero studente sarà costretto a passarne almeno altre 100 notti di questo genere; ma in questo caso, tutta la connotazione romantica di cui si caricava la notte prima degli esami di stato viene  perduta. Permane, invece, la contrazione della muscolatura liscia dei polmoni (fame d’aria), la vasodilatazione periferica, un aumento della secrezione gastrica, associata ad aumentata motilità intestinale e rilascio degli sfinteri, il che è indice che il nostro sistema nervoso parasimpatico è in fermento; e questo vuol dire che ci stiamo cagando sotto.
Fra tisane rilassanti al finocchio, preghiere ed invocazioni ad ogni santo del calendario (che presenta una enorme X rossa sul giorno dell’esame), riti propiziatori e sedute spiritiche, gli esaminandi cercano di affrontare la notte prima del fottuto esame in vari modi.
Il last minute: Occhiali da sole, camicia  hawaiana aperta, lettino prenotato nel lido più iN del momento. Rilassato, tranquillo, sicuro di sé. Sta già pensando se gli conviene ordinare un Margarita o iniziare con un cocktail analcolico, quando si ricorda che oggi è il 6 luglio e domani ha l’esame di IMPIANTI ELETTRICI a MEDIA e BASSA TENSIONE, e lui non ha idea di che cosa sia un condensatore. Bene così.
Frase identificativa: “Bé, dai è ancora presto, sono le 18.30, ho tutta la notte per studiare.”
L’ansioso: Ce ne saranno una ventina ad ogni esame. Li riconosci dal pallore della loro pelle, che quasi ricorda lo sbriluccichio di Edward Cullen colpito dalla luce solare, dalle occhiaie che nemmeno il miglior fondotinta potrebbe coprire, gamba parkinsoniana e tremiti delle estremità.
Tali soggetti tendono a non stare seduti, spesso camminano avanti e indietro nel corridoio, fumano dai 4 ai 5 pacchetti di sigarette all’ora; irritabili se contattati, tendono a trasmettere per osmosi la loro ansia a tutti coloro che occupano la stessa stanza.
Frase identificativa: “Non so niente, non so niente… ma tu hai studiato il paragrafo scritto piccolo piccolo che parla in maniera iperspecifica di un argomento di cui anche il prof ignora l’esistenza?”
Il preparato: Sta preparando l’esame da circa un anno e mezzo. Studiando ogni singolo giorno, ha fatto solo una pausa il 24 dicembre per cantare “tu scendi dalle stelle” durante il tradizionale processo di nascita di Gesù Cristo. Autentico generatore d’ansia non solo per la categoria di cui prima, ma per tutte quelle che fanno parte di questo elenco, conosce tutto il libro a memoria, anche l’indice analitico e la bibliografia. Conscio del suo potere, cerca di testare la preparazione degli altri esaminandi, ponendo domande complicate ed articolate che faranno scappare il 50% dei condannati.
Al di fuori del contesto dell’esame, il preparato cerca di spronare i futuri esaminandi attraverso una tipica affermazione: “Bé, alla fine questo esame è fattibile… sono 1500 pagine il primo libro, solo 800 il secondo, più le dispense e le slide del professore. Secondo me, in due settimane lo prepari, vai tranquillo.”
Il religioso: Difficile repertarlo nelle facoltà scientifiche, il religioso affida l’andamento del suo esame al Sommo. Egli è un fervente credente, la sua fede non si piega di fronte a nulla e nessuno. Per quanto tu possa distoglierlo dai suoi convincimenti, egli non cede.
Tu gli chiedi di studiare, e lui risponde dicendo che bisogna avere fede. Il Supremo lo proteggerà. Ad ogni costo. Si narra che il religioso prima dell’esame si rechi nel deserto, quindi Piazza Ferrarese il 15 agosto alle 10 del mattino, ove opera un digiuno prolungato di 3 ore, per poi tornare alla sua dimora, forte del suo sacrificio. All’esame si presenta senza alcun libro o appunto, ma ha il portafoglio pieno di santini di Padre Pio e Padre Maronno.
Frase identificativa: “Semper fidelis”.
L’appassionato di telefilm: Pallido, emaciato, bassino e gracile. Ecco come si presenta l’appassionato dei telefilm al suo esame. Ha passato tutta la notte a finire di guardare la 4° stagione di Game of Thrones ed è ancora sconvolto dal fatto che i Lannister non caghino oro.
Arriva all’esame con la consapevolezza che Breaking Bad è finito e che non vi potrà mai essere una 6° stagione. Alla domanda su “Cosa sono le porfirie?” comincia a trattare temi scottanti come il triangolo Buffy-Angel-Spike oppure a citare The vampire diaries o True Blood.
Cerca di carpire l’andamento del suo esame attraverso l’analisi dei messaggi del corpo del professore, come nemmeno Cal Lightman saprebbe fare; in questi casi, un dito nel naso potrebbe significare qualunque cosa.
Spiazzato dal fatto che gli esami non trattino tematiche inerenti alle serie TV da lui seguite, si alza in piedi e urla:



Frase identificativa: “Everybody lies”
Il finto insicuro: Una delle categorie più odiate. Durante tutto il periodo di preparazione all’esame, il finto insicuro grida al mondo la sua disperazione. Non sa niente, non si ricorda niente, non riesce a memorizzare nulla, è un uomo distrutto. Per esacerbare tale condizione, comincia a contattare i suoi colleghi su facebook, watsapp, viber; se non rispondono, comincia a pedinarli e a far loro agguati per avere informazioni sull’esame e sul tipo di domande che vengono poste.
Segue tutti i gruppi di esame del suo anno, degli anni precedenti e di quelli successivi, risultando attivissimo soprattutto quando deve essere lui a porre domande che mettono in crisi tutte le tue conoscenze.
Va a ricevimento da tutti i professori, anche quelli di altre facoltà, per cercare di ottenere le grazie dei più temuti. Studia da tutti i libri consigliati per la disciplina, individuando di ognuno i capitoli più difficili e di conseguenza più adeguati per affrontare l’esame.
Arriva in sede d’esame tremando e quasi al limite del suo fisico, chiedendo aiuto agli altri presenti. Finito l’esame, il 30 cum laude è scontato. Vergogna!
Frase tipica: “Non so niente”.
Il recluso in casa: Ispirò il capolavoro “Le mie prigioni”. Da settimane non si hanno notizie di lui/lei. Gli amici non sanno che fine ha fatto, i famigliari non lo vedono né a pranzo né a cena. I carabinieri non sono stati ancora avvisati, perché grazie a facebook abbiamo sue notizie: fondamentalmente foto che inquadrano libri, gatti sopra i libri, libri sopra le gambe. La sua cameretta è diventato un habitat inviolabile, ove nessuno può accedere. Il sapere non deve uscire da questa stanza.
Dopo mesi di reclusione, lo studente esce di casa per andare ad affrontare l’esame. Ed ecco che si becca una polmonite che lo costringerà a posticipare ancora il lieto evento.
Frase tipica: Non parla, fotografa.
Il mundial-follower: Estate. Giugno. Ogni due anni. La sessione estiva si avvicina. Iniziano i mondiali/europei. Una nuova distrazione per tutti i poveri studenti, che già normalmente hanno la soglia di concentrazione di un palloncino attaccato ad una staccionata.
Ma c’è modo e modo di seguire queste manifestazioni. Di solito le ragazze, più fortunate, sono solite seguire le partite dell’Italia, godersi gli addominali di Balotelli e lo sguardo di Marchisio, cercare di apprendere in modo fallimentare il fuorigioco, per poi staccarsi dalla competizione e studiare in maniera diligente.
Ma se sei maschietto e se la fine del campionato ti ha indotto in depressione, ecco che c’è una nuova distrazione per te! Non importa se sia uno speciale sul calciomercato o se sia uno speciale sulla presentazione dell’Iran, tu sarai magneticamente orientato verso il televisore. Butta tutti i 5 libri che devi studiare per l’esame che hai fra 4 giorni, e cerca di comprendere il potenziale offensivo offerto dalla stella Javed Nekounam.

venerdì 16 maggio 2014

Fauna e flora di facebook


Era il lontano 2009 quando per la prima volta ho scoperto facebook. All’epoca ero avvezzo alla frequentazione di forum come quelli di forum free e forumcommunity, in cui l’anonimato era uno status symbol. L’idea stessa di dover creare un nickname ti metteva nella condizione di considerare il web un mondo totalmente differente dalla realtà: la vita su internet e vita reale  erano due cose separate.
Optai per un personaggio che nessuno conosceva, dato che i nickname di Vegeta, Goku, Ken Shiro e tutti gli altri idoli della mia infanzia erano già occupati (che sorpresa!) e non avevo intenzione di essere associato al degradante nickname “1Vegeta9651”. Dovevo essere originale, cazzo!
Provenendo da un mondo in cui pronunciare anche solo il proprio nome era un reato penalizzabile con un BAN a vita, potete ben comprendere il mio sgomento nello scoprire l’esistenza di un “social network” nel quale eri obbligato a scrivere il tuo nome, il tuo cognome, la tua città e tutti i cazzi tuoi.
Evidentemente erano informazioni che risultavano essere assolutamente fondamentali per tutti i tuoi amici: all’epoca ne avrò avuti 2. Forse.
Con lo sputtanamento dei social network, facebook divenne una reale moda: se non erro, ci fu anche un periodo in cui si era quasi obbligati ad aggiungere gente random per ottenere un numero di amici più elevato. Wow. Darwin, ricordami di chiamarti per farti rendere conto delle stronzate sull’evoluzione che dici.
Probabilmente sarà dovuto al “gotta catch’em all” di quel periodo, che la bacheca mi si riempì di una serie di individui in grado di arricchire il microcosmo del web, nonché di ampliare la mia conoscenza della natura umana. Andiamo a studiare alcune delle specie di facebookiani che più frequentemente osserverete imbrattare la vostra bacheca.
1-IL TIFOSO: è l’utente che dal lunedì al venerdì è sempre offline, se non per qualche status del tipo “sono gay” o “a me mi piace la banana” scritto da qualche amico particolarmente in vena di simpatie.
Da questa condizione di profonda inerzia, il tifoso si risveglia nel weekend, quando la bacheca si tramuta in un ring di wrestling ove le diverse sottocategorie di tifosi si confrontano. Fra queste menzioniamo:
1.a) Il milanista: La maggior parte sterminati a settembre, i milanisti sono ormai rari come gli automobilisti che al semaforo non si scaccolano. Loro eventuali comparse colgono di sorpresa un po’ tutti e sono associate alle sconfitte dei rivali di sempre, interisti e juventini.
1.b)L’interista: un antico proverbio in sanscrito enuncia: “U gatt gnor c’ vid a te, s’afferm, s’ gratt le chigghiun e disc: pass apprim tu”. Interpretando le parole del poeta, il tifoso interista emana la stessa aura rassicurante di un gatto che ti attraversa la strada, mentre urta uno specchio facendotelo cadere ai tuoi piedi, costringendoti ad arretrare e a passare sotto una scala aperta.
Non pago delle sconfitte in campionato, in Europa, e in tutte le coppe, decide di sfogare il suo astio su facebook, solitamente entrando in disputa con lo Juventino.
1.c)Lo Juventino: è forse la categoria di più facile riscontro su facebook. Peculiarità dello Juventino è quella di non essere mai banale: non aspettatevi dei post come “evviva abbiamo vinto, siamo i più forti”. Prima di essere un’esultanza, il messaggio dello juventino deve racchiudere il suo totale disprezzo per i suoi avversari, tali GUFI. Indipendentemente da questo interesse ornitologico, lo Juventino tiene a precisare (senza che alcuno abbia avuto il tempo nemmeno di metterlo in dubbio) che loro non rubano, che anche se avessero rubato avrebbero comunque meritato la vittoria e che sono comunque 32 sul campo. Devoto al culto di Alex Del Piero (impostato quantomeno come immagine del profilo), lo juventino è solito incitare all’odio la tifoseria di tutta Italia, facendo degenerare il suo stato in una discussione con 235 commenti in cui viene messa in discussione la pudicizia delle rispettive genitrici.
1.d)Il Barese: Fatto loro lo slogan “Senza Mattarrese il ritorno del barese”, i tifosi baresi sono costituiti da ferventi credenti nel mito della resurrezione della loro squadra del cuore, U’ Baaaar. Il loro odio per le “strisciate” è secondo solo a quello che provano per i “Doppio-fedisti”, i tifosi occasionali del Bari che si dirigono al San Nicola solo quando è di moda per farsi i #selfie.
Il vero tifoso barese è quello che va in Curva Nord e, incorporata l’essenza di canna e marijuana, sfoggia un addome tanto peloso quanto globoso al grido “No al calcio moderno”, mentre insieme agli amici di sempre da poco usciti di prigione consuma avidamente una teglia di parmigiana.
Catechizzato all’insolita passione per i galli, il barese durante la partita vi farà una telecronaca minuto per minuto come nemmeno un Fabio Caressa con qualche chilo in meno sarebbe in grado di fare.

2)IL POLITICO: Il politico è l’utente che è solito pubblicare aggiornamenti provenienti da la Repubblica (criticandoli, perché giudica il giornale di parte), condivide notizie provenienti dal Corriere (non approvando il contenuto dell’articolo perché tratta argomenti troppo leggeri), cita il Fatto Quotidiano (stavolta lo insulta pesantemente)… insomma, è un cagacazzo puro.
Fra un selfie e un #compratelabari, appariranno per contrasto i suoi post impegnati, mentre lui si danna l’anima per combattere quel mondo di apparenza che lo circonda… e che solo un vero leader potrà salvarci dall’oblio. Chi sarà quel leader?
2.a) Il Grillino: ha una sola fede, la parola di Beppe. Perché se lo dice Beppe, è così. E se non sei d’accordo, ti devi informare. E se anche ti sei informato, non sei informato abbastanza. Sono ragazzi meravigliosi (cit.).
2.b) Il Berlusconiano: Esistono ancora? Esiste ancora gente in grado di votare un condannato? Ma ovvio che sì! A noi italiani piace ridere, piacciono le donne, piace il calcio… questa tripletta si esprime con Silvio Berlusconi. Di solito illetterati, i Berlusconiani su facebook sono estremamente rari: mentre i grillini urlano al mondo il loro tifo, i Berlusconiani sono schivi, non scriveranno mai un post in cui ammetteranno uno snaturato amore per un uomo bassino, calvo, con un volto estremamente tirato per evitare la comparsa di rughe.
2.c) I Renziani: Dopo D’Alema, Veltroni, Prodi, Bersani, ecco che compare Renzi, l’homo novus, colui che dovrebbe cambiare l’Italia. Con le parole. Che dire, in generale gli elettori del PD sono soliti prendere limoni, per cui nulla di nuovo sotto il sole. Prepare your anus.

3)LO STUDENTE: Affetto da una sindrome di vittimismo patologico, lo studente è quello che mette come immagine del profilo immagini che vanno da celebri assassini del grande schermo a una immagine completamente nera, a testimonianza del lutto dovuto a bocciatura.
L’utente è solito postare immagini di sé mentre studia, oppure di cataste di libri sovrapposti per rendere il mondo partecipe del loro studio matto e disperatissimo (Leopardi, bitch pls); molto comuni sono foto a tazze ricolme di caffè, thè, o qualunque sostanza abbia la capacità di indurre stati di onnipotenza. Che si esauriscono al termine del primo paragrafo.
Solitamente pubblica immagini tratte da pagine Nerd con Gandalf che proclama “Tu non puoi passare l’esame” o altre chicche simili, mandando in crisi anche tutti i colleghi studenti nella sua condizione.
Esaurito.

4)L’INNAMORATO: l’utente innamorato è uno di quelli che ti fa perdere le speranze nel genere umano. Pubblica canzoni d’amore, solitamente tristi, in quanto non è ricambiato o, peggio, viene friendzonato, rendendosi altamente ridicolo di fronte agli amici che con molto tatto cominceranno ad insultarlo.
I suoi stati su facebook saranno citazioni che svarieranno da Dante Alighieri a Francesco Sole, frasi profonde che indicheranno il suo estremo disagio sociale come ad esempio: “Se qualcuno si comporta come se non gliene fregasse un cazzo di te... Non gli frega un cazzo davvero.“
Che equivale  a dire a=a. Grazie, non ci saremmo mai arrivati.

5)QUELLO CHE POSTA LA FOTO DEL GATTO: Sì, lo facciamo. Per far capire in che condizione di profonda sottomissione siamo. Inoltre alle femmine piacciono i gatti. Ave a te, oh felino.

6)IL FESTAIOLO: Non entra mai su facebook. Ha un account, la cui utilità è quella di vedere comparire sue foto estremamente improbabili durante feste o festini in cui il free-drink è implicito nella dilatazione delle pupille dell’utente in questione. Non da fastidio, per carità, ma la prossima volta cerca un posto più intimo per vomitare rispetto alla pista da ballo.

7)IL FANTAGIOCATORE: Anche lui non compare spesso. Quando lo fa, e leggi che Peppino Il Lungo ha pubblicato qualcosa, subito, attirato dalla novità come l’ape dal miele, ti fiondi a curiosare. La tua faccia quando leggi il suo status “Buffon Chiellini Bonucci Mexes…” non ha prezzo.
Quando compare, è per inveire contro la malasorte. Ti sono vicino.


Indipendentemente dalla categoria, qualunque utente di face book alla fine si porrà la stessa fatidica domanda: "Non credevo di avere 40.000 amici! Ma perché cazzo esco sempre con quei tre sfigati?!"

mercoledì 15 gennaio 2014

Le coincidenze non esistono. Parola di Trenitalia.



Il viaggio. Un tema bellissimo ed affascinante:  viaggiare significa conoscere, ampliare la mente, rapportarsi con realtà di cui non si era a conoscenza. Non a caso, i più grandi poeti e scrittori hanno, nelle loro opere, trattato il tema del viaggio, come sinonimo della crescita e maturazione dei personaggi che l’hanno intrapreso; alla fine di un viaggio, non sarai più la stessa persona.
E su questo punto mi sento di concordare vivamente: dopo un viaggio con Trenitalia non sarai più lo stesso.
Innanzitutto, l’arrivo in stazione. Fiduciosi e volenterosi, vi avvicinate alle macchinette automatiche per fare il biglietto e… sorpresa, la macchina non funziona!
Vabbè, può capitare, ancora non scoraggiati provate con quella subito a lato… no, quella accetta solo carta di credito. Okay, proviamo quell’altra… c’è un’intera famigliola di marocchini che cerca di capire come funzioni la macchinetta, selezionando come lingua il tedesco…
Okay, facciamo la coda per la biglietteria. Coda costituita da almeno 30 persone, cui risponde UN SOLO addetto,solitamente settantenne, robustello, dal volto pacifico, ma incredibilmente lento. Dopo aver smadonnato in 45 lingue diverse perché il bigliettaio non capiva la tua destinazione, il pacifico ometto ci compila il nostro buon biglietto e possiamo abbandonare la bolgia per andare al binario.
Andiamo un po’ a vedere il tabellone delle PARTENZE. Mh, il primo treno della lista è in ritardo di 30 minuti! Oh, il secondo è in ritardo di 45’.
Scorri la lista… e indovina un po’! Il tuo treno ha vinto, è in ritardo di un’ora sbaragliando la concorrenza! Ti tocca quindi passare un’oretta in stazione, frequentata dal più incredibile miscuglio di umanità.
Chi volesse intraprendere uno studio sulla natura umana penso farebbe bene a trascorrere un’oretta al giorno, ogni giorno, nella stazione della propria cittadina. Dal tossico che ti chiede 1€ per prendere il treno per “andare all’ospedale a trovare mio zio” alla signora che non ce la fa a portare la valigia da sola e quindi ti chiede aiuto per portarla su per le scale (caratteristica di costei è che, subito dopo averla aiutata, riprenderà con un certo orgoglio il possesso della valigia strappandotela di mano, nemmeno la volessi scippare), dal caratteristico trio “poliziotto secchione-militare ambiguo-poliziotta bona” che ti squadrerà da capo a piedi valutando se chiederti i documenti, alla ragazza in lacrime su una panchina per essere stata lasciata con un messaggino.
Tanti libri e tante teorie psicologiche potrebbero essere completamente sostituite da questa pratica dell’osservare  l’animo umano, e penso che la stazione sia effettivamente la più completa rappresentazione  dell’umanità.
Finalmente è passata un’ora, e la voce registrata, senza alcun pudore, pronuncia la frase: “Il treno Intercity 608, delle ore 8:07, diretto a Bologna Centrale, è in arrivo IN RITARDO al binario 3”. La pronuncia “IN RITARDO”, fatta quasi ridendo, non fa che ulteriormente dare una scossa alle tue palle, le quali si ridestano dalle riflessioni filosofiche per tornare alla loro azione naturale: girare.

Arriva il treno, i reduci fortunati dal viaggio scendono (dopo non pochi problemi nell’apertura della porta, ovviamente bloccata), sali a bordo e vieni circondato da loschi figuri, lo sguardo bieco e meschino, il volto solcato da un ghigno sarcastico: controllori.
La categoria dei controllori è stata ideata nei racconti incompiuti di Tolkien: erano elfi, una volta, torturati e corrotti dalle arti oscure, una forma di vita rovinata e terribile… e ora, messa a disposizione di Trenitalia.
Il loro ruolo è quello di rendere piacevolmente angoscianti le ore trascorse sul modernissimo vagone messo a disposizione dall’azienda; chi utilizza l’Intercity, avrà due possibilità: o la “carrozza 3”, che si configura come una onesta carrozza di un treno normale, oppure gli “scompartimenti da 6”, antiche macchine di tortura (ma antiche davvero, dato che usano le stesse da almeno 20 anni) che sono state studiate al fine di determinare una ipertonia dei flessori della coscia, tanto che al termine della traversata, il soggetto, alzandosi, sarà colpito da un crampo gentilmente offerto da Trenitalia. Altro bonus della carrozza da 6 è quello di garantire ginocchiate reciproche ogniqualvolta un nuovo sventurato membro dello scompartimento dovrà alzarsi per uscire o andare al bagno.
E chi usa i regionali? Bé, pagando meno, non si possono garantire tutti questi servizi, mi sembra ovvio. Prima di tutto il bagno: Trenitalia bandisce delle autentiche gare di resistenza, in cui i viaggiatori devono trattenere più a lungo possibile l’atto della minzione; i più cattivi usano come suoneria l’acqua che scorre, mettendosi da soli in difficoltà.
I bagni dei regionali inoltre hanno tra le loro caratteristiche quelle di NON AVERE LE MANIGLIE, garantendo un altro passatempo per i viaggiatori annoiati esperti in rapina a mano armata.

Ma tutto questo è solo una cornice, uno sfondo, su cui si stagliano i veri problemi di un viaggio in treno: i passeggeri. Essi sono numerosi e caratteristici:
-L’ORGANIZZATO: Costui, consapevole delle sue 5-6 ore di viaggio, parte programmato: ha con sé l’Ipod su cui ha scaricato la top 100 di Spotify, un computer portatile per vedere film o telefilm, due libri da 1500 pagine l’uno, due fumetti, parole crociate. La sua intenzione è quella di avere il minimo contatto con l’ambiente esterno… come dargli torto.
-IL LOQUACE: Costui/Costei è dotato di una brillante parlantina, fa discorsi interessanti e toccanti, ti intriga, stimola la tua attenzione… ma non sta parlando con te, è al telefono. Di bella presenza solitamente, ti ignora durante tutta la durata del viaggio, mentre discute ad alta voce al cellulare. E’ solito urlare ancora di più all’interno della galleria, in quanto non si rende conto del fatto che nella galleria, cazzo, non c’è campo. I suoi discorsi vanno da cosa deve cucinare la mamma stasera al nuovo film che ha visto al cinema che è “troppo avanti”. La telefonata può andare dai 30 minuti alle 3 ore e mezza, quando il cellulare non ce la fa più e si suicida.
Tanta brava gente è oggi ai domiciliari per aver assassinato un loquace.
-IL PUZZONE: Ecco, lui è uno di quelli convinti che un deodorante è in grado di sostituire completamente la doccia. E talvolta non utilizza nemmeno quello.
Non appena entra nello scompartimento, già cominci ad avvertire che la composizione delle molecole dell’aria è cambiata. Dopo 2 minuti pensi che qualcuno abbia deciso di gonfiare palloncini dalla parte sbagliata. Dopo 5 minuti esci dallo scompartimento per rimanere in corridoio, schiacciato fra le valige mastodontiche degli altri passeggeri. Tutto pur di non rimanere lì.
Ti accorgi di essere il puzzone se, quando ti alzi per andartene, noti la gioia negli occhi e i sorrisi sulla bocca dei tuoi compagni di viaggio.
-LA BANDA: Costituita da almeno 4-5 adolescenti, la banda è l’accozzaglia di G-G-GIOVANI casinisti, magari che rientrano da scuola. Costoro per dimostrare la loro gioia e spensieratezza decidono di urlare, picchiare lo sfigato di turno, lanciare palline di carta agli altri passeggeri, per la gioia della carrozza.
Poco da fare, metti le cuffie e vai avanti. Prima o poi arriverà il controllore e fuggiranno tutti quanti.
-LE VECCHIETTE: solitamente in numero di 2, una di fronte all’altra, ammorbano una platea costituita da altri vecchietti o di giovani troppo educati per dire che a loro non frega nulla. Le tematiche da loro discusse sono sempre le stesse: le emorroidi, le artrosi, che Silvio Berlusconi qualche cosa almeno la faceva, che il prezzo delle cime di rapa è salito di troppo, e roba del genere.
-I BAMBINI: Adorabili bimbetti, sguinzagliati per il treno, urlanti e privi di qualunque “parent control”. C’è poco da aggiungere. O siete ragazze estremamente sensibili, che di fronte a cotanta pucciosità cominciate a squittire e fargli le coccole… oppure il vostro viaggio sarà indimenticabile.

Queste sono solo alcune delle tante tipologie di utenti di Trenitalia, i quali, esattamente come la stessa Compagnia devono farsi riconoscere e rendere il vostro viaggio indimenticabile.

lunedì 30 dicembre 2013

Festività, ingrasso, rinascita.

Salve, mio acuto e attento, quanto ipotetico, lettore. Se Lei è in grado di leggere, vuol dire che è ancora in vita, e di conseguenza è attualmente alle prese con un evento che improrogabilmente si verifica ogni anno: le festività natalizie.
IL NATALE. Luci, feste, spari, bombe atomiche, canti natalizi, gente che sorride. Una miscela esplosiva degna della migliore minicicciola.
Amare il Natale è praticamente obbligatorio, è l'unico momento dell'anno in cui le persone decidono/fingono di essere gentili (non tutte eh), aperte di animo verso il prossimo! Ma soprattutto, è il periodo in cui si mette la bilancia indietro di 10 kg in modo da prevenire terribili attacchi cardiaci conseguenti alle mastodontiche mangiate degne di un re.
Ehggià, perchè ci sta la crisi, ma noi al cibo non rinunciamo proprio mai.
E via al pranzone/cenone della durata media di 6-7 ore, al termine del quale, quando avrai la forza di alzarti, anche gli omini del Presepe ti applaudiranno!
Incontrerai parenti mai conosciuti, i quali tuttavia si ricordano della tua infanzia! Amici dei tuoi genitori che ti guardano come un cucciolo di gattino, la vecchia adorabile zia che ti chiede se sei fidanzato, se ti devi laureare, se hai trovato un lavoro. Insomma, come non amare il Natale?
E quindi cerchiamo, come al solito, di far prevalere il metodo scientifico e classificare i tuoi commensali natalizi:
1) La Vecchia Zia: La vecchia zia è uno dei leader carismatici della tavola. Bassa, rotondetta, guance arrossate, occhi iniettati di sangue, è solita sedersi sopra due sedie, una per natica. Furba, astuta, solitamente tirchia, è colei che ha un occhio al prosciutto crudo e la forchetta sulla mozzarella di bufala. Finirebbe per ingurgitare tutto il pranzo da sola, se non fosse per il fatto che poi gli altri parenti, non meno famelici di lei, non le offrirebbero il passaggio al ritorno.
Perché ovviamente la vecchia zia necessita del passaggio!
La sua arma formidabile è il parlare senza conoscere, citando ogni tanto cugini provenienti direttamente da Alfa Centauri, dati i nomi improbabili quanto impronunciabili.
Inoltre è nota per le sue prestazioni durante il gioco della Tombola, in cui confonde necessariamente il settantotto con il sessantotto.
Motto: "Vieni qua, non farti vedere... ecco qua, per Natale, tanti auguri, non spenderli tutti insieme!" [pronunciando tali parole mentre ti dona la consistente cifra di 5.40€ in spiccioli...]
2) I nonni: Durante le festività, i nonni sono il sole dell'universo familiare. E' la nonna che cucina, il nonno che dispensa regali. Solitamente è la figura della nonna a prevalere, diventa un autentico Gordon Ramsay, forse più mascolina dello stesso chef scozzese. Come pulisce le cozze lei, nessuno.
Motto: "E tu, non hai fame?"
3) L'amico di famiglia: Figura atipica che si inserisce nel contesto familiare. Di natura timida ed introversa, è sempre quello che porta a tavola il vino/pasticcini che ha rimediato a pochi euro dal mini-market accanto a casa tua. E' solito intavolare discussioni noiose riguardo all'amico di quel collega amico di Pino, il quale a sua volta è cognato di Renato...
Nel momento in cui si passa dalla cena al post, ovverosia ai giochi da tavolo, è quello che solitamente sbanca tutti. Leggendario.
4) Gli ignoti: E poi ci sono loro. L'aspetto non è proprio del tutto estraneo, ma nemmeno familiare. Li hai già visti, ma chissà dove... in qualche serie TV? In qualche film? No.
Sono tuoi cugini di quattordicesimo grado. E che cazzo ci fanno a casa tua quel giorno??? BOH
Parlottano fra loro, complottano, non si uniscono alla conversazione dei "noti", la loro presenza rimane nell'ombra durante tutta la cena. Si svegliano solo per la partita a carte, ove di solito occupano ruoli di rilievo come il Cartaro di setteemezzo, il Morto che si ripiglia la vita nell'omonimo gioco parlando con qualche sprovveduto, il Banditore d'Asta durante il mercante in fiera.
A fine serata, quando se ne vanno, cerchi ancora di ricordarti come cazzo si chiamano...
5) Le zie giovani/cugine bone: Ogni famiglia le ha e le espone con orgoglio! Un tempo ci giocavi a pallavolo, oggi sono delle divinità. Mentre camminano nel ristorante, intere tavolate maschili si girano a osservarle, i visi illuminati di una nuova certezza.
E poi ci sei tu, ti guardi allo specchio, e ti deprimi.

Dopo esserti ingolfato di porcherie, aver portato alle stelle i tuoi valori di LDL, Trigliceridi e Aminotransferasi (sì, dire transaminasi è old), aver incrementato del 80% le probabilità di un infarto miocardico acuto, potresti addirittura pensare: "Ah, il Natale è passato!". E invece no, c'è Capodanno. O San Silvestro. 
Le prime volte che leggevo San Silvestro io non avevo idea si trattasse di capodanno... chi cazzo è che si chiama Silvestro nel duemilacredici, a parte l'acerrimo nemico di Titti (che tra l'altro ho scoperto essere di genere maschile????...) ???
E quindi cercando di prenotare un tavolo a una discoteca/bar/ristorante, mentre l'utente mi chiedeva "Per la Notte di San Silvestro, vero?", io gli rispondevo "No, per Capodanno, il giorno 31". 

Gettando un'ampia coperta pietosa su questa parentesi, Capodanno significa tante cose. Significa che un anno sta per finire e un anno nuovo ricominciare. Significa botti e fuochi d'artificio spettacolari! Significa anche, purtroppo, UN NUOVO PRANZO CON I PARENTI! Oh, la gioia, oh, il gaudio.
Fondamentalmente il nuovo anno significa rinascita, significa darsi una nuova possibilità. Ovviamente è un significato del tutto simbolico, quello che accade a Capodanno dovrebbe avvenire tutto l’anno: tutto l’anno non dobbiamo perderci d’animo, sappiamo che c’è sempre una nuova possibilità, ciò che non è andato bene una volta possiamo riprovarlo e migliorarlo.
Quindi più che ideare dei “buoni propositi” per l’anno nuovo, che non verranno mai mai mai seguiti, forse, l’unica cosa che potremmo fare è cogliere l’occasione per ricominciare ciò che non è andato a buon fine o migliorare ciò che già di buono c’è nelle nostre vite!

mercoledì 13 novembre 2013

Guida in stato di pioggia.


Quante volte al telegiornale abbiamo sentito parlare di tragici incidenti, dovuti alla guida in stato di ebbrezza. Quando la sera, gente dotata di vita sociale ordina al bar una birra, non medita sugli effetti che essa potrebbe avere sulle proprie prestazioni, che siano quelle alla guida, o quelle in fase di approccio con una eventuale coniuge.
Bastano 0.05 mg di alcool per dl di sangue per avere un effetto di euforia generale; 0.075 mg/dl per cominciare a parlare come degli ossessi, urlando segreti che non rivelereste ad anima viva, figuriamoci ad amici pronti a sputtanarvi sul cartellone di laurea. 0.1 mg/dl segna l’inizio della fine: cominciate a vedere doppio, i vostri sensi non sono più allerta, scambiate il vostro amico per quella perchiona in copertina su Playboy.
E’ ovvio quanto saranno esaltanti le vostre capacità alla guida.
Ma, almeno l’alcool è facile da capire, c’è una logica metabolica sotto. Oggi tratteremo di un tema al quale non c’è risposta. La pioggia. Quali effetti può avere sulla guida.
Partiamo da un presupposto: la gente non sa guidare. Non come insegnano alla scuola guida. A scuola guida ti insegnano a non uccidere nessuno, più che a guidare: ti insegnano quando dare la precedenza, che mettere la freccia per segnalare la propria intenzione di svoltare non è un reato, che quando i pedoni devono attraversare la strada sulle strisce, è tuo compito fermarti, ed altre piccole nozioni che ti faranno apparire un pivello agli occhi dei veterani.
Esci dalla scuola guida non tanto come una persona che ha imparato a guidare (diciamo la verità, sapete a malapena fare un parcheggio a spina di pesce), ma ne esci con una nuova consapevolezza di te e degli altri. Esci dalla scuola guida e sei etico. Vuoi assolutamente dare la precedenza a coloro a cui spetta, ti fermi volentieri a far passare i pedoni rispettosi sulle strisce (i quali, in un mondo utopistico, ti faranno un gesto con la manina non per intimarti di fermarti, ma per ringraziarti!), non parcheggi mai sulle strisce pedonali.
Passati i primi 3 mesi, accade il caos. All’improvviso, da un giorno all’altro, cominci a competere con gli altri automobilisti, ti senti sicuro di te, hai nelle vene Fast&Furious. E gli altri, veterani nell’arte di mistificare il codice stradale, ci tengono a dimostrarsi migliori di te.
Nella giungla fatta di amianto, cemento e asfalto, tu, giovane matricola della strada, metti in pratica gli studi di Darwin, e ti adatti. Ti evolvi, decidi di sopravvivere.
Ora, tutto questo può andar bene. Se vivete in un posto dotato di luce perpetua e non soggetto a fenomeni atmosferici. Perché è la pioggia a cambiare questo labile equilibrio. Con la pioggia, la coscienza del vivere comune viene meno, la nostra mente è proiettata in una distopia alla The Walking Dead, in cui per sopravvivere, dovete uccidere tutti, a prescindere.
Analizziamo le classi di automobilisti che potreste incontrare.

1)IL CAUTO: il cauto di solito è un vecchietto con in dotazione una coppola, o una signora di mezza età dotata di occhiali spessi quanto il fondo di una bottiglia (Notare che la signora in questione è di solito protesa in avanti, con la glabella tangente al parabrezza). Il cauto di solito rispetta in pieno il codice stradale, fatta eccezione per il limite minimo di velocità. Egli è lento, troooooppo lento, non solo nella guida, ma anche nell’interpretazione della segnaletica. Quando scatta il verde, nel cervello del cauto scattano i meccanismi di associazione a partire dal rosso: rosso=STOP, giallo=STOP, verde=con moooolta prudenza, forse, pian pianino, puoi impegnare l’incrocio.
Ovviamente, un soggetto del genere nel contesto della pioggia non può che diventare una vittima del sistema! Sorpassato da destra, da sinistra, schizzato d’acqua, anche i pedoni si fanno beffe di lui. Inadatto alla giungla. Voto: 4, INGOLFATO. Frase tipica: “Chi va piano, va sano e va lontano”.

2) La MILF col SUV: pur sembrando una strofa de “la macchina del capo”, la MILF col SUV è un elemento realmente esistente, che appartiene al macrobioma cittadino. La MILF è una mamma con età variabile dai 30 ai 50 anni, con un QI<75, la quale nonostante l’evidente incapacità mentale, ha avuto la geniale idea di sposare un uomo d’affari il quale manda avanti la baracca. Essendoci la crisi, ovviamente l’uomo d’affari le regala un potente SUV di ultima generazione, inutile per la vita di città. L’utilizzo che la MILF fa del SUV è quello di parcheggiarlo in 2°-3°-4° fila davanti all’istituto scolastico ove è iscritto il figlio, e rimanere lì a discutere di politica estera ed ambientale con altre MILF.
In condizioni metereologiche avverse, la MILF non è rintracciabile. Probabilmente è rimasta a casa per non farsi rovinare i capelli. Voto 3.5, INUTILE. Frase tipica: “Bla bla bla”.

3) IL FURBO: grintoso, competitivo, agonista. Esce da casa e nel momento in cui entra in macchina applica la filosofia di Hobbes: la guida è una guerra di tutti contro tutti. Corre, ha fretta anche se non è in ritardo. Tampina e lampeggia automobilisti rispettosi del limite di velocità, non da la precedenza all’incrocio, non si ferma sulle strisce pedonali. Al semaforo, è colui che anziché dirigersi nella propria corsia (ad es., per andare avanti), si sposta nella corsia per girare a sinistra, bloccandola, per poi ripartire con il verde non appena scattato. Taluni (quelli con meno pelo sul cuore) sono soliti sbloccare la corsia laterale, passando davanti alla prima macchina della fila, manovra che meriterebbe un’esecuzione sommaria.
La pioggia non può che esaltare le sue doti di caimano dell’asfalto: approfittando delle incertezze degli altri automobilisti (soprattutto del cauto), cosa volete che faccia? Sorpassa a destra, a sinistra, lampeggia, contribuisce da solo al 70% dell’inquinamento acustico della città. Nervoso, le elabora tutte per fottere il prossimo. Inarrestabile, se non da qualche albero/palo/camion su cui finisce per schiantarsi. Voto: 1, IGNORANTE. Frase tipica: “La freccia la usano gli indiani”.

4)IL CENTRALINISTA: lo si riconosce perché è concentrato sulla guida come lo è un bambino nell’ascoltare il discorso di capodanno di Giorgio Napolitano. Parla, parla, parla al telefono, talune volte ha anche la necessità di gesticolare per esprimere meglio un concetto di fronte ad uno spettatore virtuale. Ne consegue una guida distratta, accompagnata da andatura più o meno lenta. Di solito di sesso femminile, il centralinista si è poi evoluto in una sottoclasse:
4.1) IL MESSAGGIARO: dalla nascita dello smartphone, il messaggiaro è diventato la causa del 98% degli incidenti cittadini. Spinto dall’evoluzione tecnologica, costui non si limita a parlare al telefono, ma SCRIVE messaggi mentre guida. Io a malapena so scrivere i messaggi con una mano sola mentre sono steso a letto. Evidentemente costoro sono dotati di poteri soprannaturali. Ma ciò che Natura da, Natura toglie: dotati di un’attenzione ancora minore del centralinista, i messaggiari sono gggiovani troppo impegnati per coltivare la loro vita sociale per potersi privare di una “wazzappata” mattutina.
L’unico modo per sopravvivere a un centralinista/messaggiaro è EVITARLO! Rappresenta un buon metodo di allenamento per i propri riflessi. Durante la pioggia, il wazzapparo approfitterà dell’ingorgo per organizzare eventi, pranzi, discutere di politica economica. Pericoloso, voto 4,5. Frase tipica: non parla, wazzappa.

5) LA SCUOLA GUIDA: quando vedi all’orizzonte quel cartello, il cuore ti sale in gola, hai un picco di cortisolo che solo un digiuno prolungato potrebbe causarti. La scuola guida. Di solito è una fiat punto o una Peugeot 206/306 rigorosamente a Diesel, presentante sul tettuccio la scritta fatale. E lì hai due possibilità: o la strada è larga, e puoi sorpassarlo, oppure è la tua fine. Indipendentemente dai tuoi improperi, la scuola guida procederà alla mirabolante velocità di 30 km/h, bloccandosi ad OGNI SINGOLO STOP.
La pioggia non può cambiare di molto la situazione, al massimo può diventare una delle vittime designate del furbo.
PIVELLO. Voto: Non pervenuto. Frase  tipica: “Non prenderò mai la patente, sigh, sob”.

6) TUTTO IN FAMIGLIA: il nome dice tutto. E’ la classica famigliola tradizionale, papà (stempiato, tendente al pelato, dotato di pancetta), mamma (rompicoglioni fino al midollo), figlio maschio (dispettoso e rompimaroni), figlia femmina (vittima del maschio, di solito piangente). Ora, metteteli tutti insieme in una macchina, e avrete il vostro TUTTO IN FAMIGLIA. Il tutto in famiglia procede lentamente, non fa sorpassi avventati, segue alla regola il codice della strada. Di solito è la mamma a impedire al papà di correre più veloce. Comincia a dirgli di guidare più a destra. Poi più a sinistra. Poi più al centro. Poi ha troppo caldo e apre i finestrini. Poi ha troppo freddo e li chiude. Accende e spegne la radio in base ai propri canoni.
Nel contempo, i bimbi nel sedile posteriore litigano, si picchiano, si tirano i capelli, piangono, guerreggiano.
Il papà guida stancamente, esausto da una famiglia troppo esuberante. E’ facile trovare il tutto in famiglia in autostrada, mentre l’allegra famigliola sta andando a fare una vacanza, per la felicità di tutti meno del papà.
URAGANO. Voto: 6.

7) L'ESPLORATORE: Questa categoria di individuo nella sua auto si sente a casa... è "comodo". Pertanto, una volta montato sull'autovettura, comincia dei riti pagani che solo nella massima privacy ognuno di noi potrebbe compiere.
Partiamo dall'ortodonzista: le prime volte lo scambi per qualcuno che ti sta facendo le boccacce. In realtà, egli spalanca le fauci per valutare se la propria flora batterica indigena è intatta. Costui solitamente si osserva nello specchietto retrovisore, analizzando una ad una le carie e l'accumulo di placca in maniera anche un pò sguaiata.
L'avversatore del cotton fioc è invece solito utilizzare il mignolino, piccolo e dall'unghia assai sviluppata, per completare il mattutino lavaggio del condotto uditivo esterno.
Il pioniere delle cavità nasali è invece inspiegabilmente attratto dall'esplorazione del suddetto forame; studi scientifici hanno dimostrato che il dito indice del pioniere è attirato compulsivamente dalla narice in occasione del rosso al semaforo.
Versatile, lesto, con l'amore della scoperta. Ma fa un pò ribrezzo. VOTO:5.5, INQUIETANTE.

8)L'AUTOBUS
Croce e delizia di ogni cittadina, l'autobus è il mezzo di trasporto più ecologico ed economico, si incontrano tante persone carine, dalla vecchina che ti chiede di lasciarle il posto al tossicodipendente che vuole fotterti il portafoglio.
Ma l'autobus, nella vita del guidatore, significa un ostacolo.
Innanzitutto le fermate, poste strategicamente su strade a singola corsia, determinando code infinite di gente, come il furbo, che strombazzerà in maniera imponente.
Inoltre, l'autobus sarà costretto a operare manovre complicate per evitare le macchine disposte in 2° e 3° fila dalla MILF, causando anche in questo caso blocchi e conseguenti bestemmie.

Queste sono solo alcune delle specie di automobilisti della giungla stradale. E’ ovvio che ve ne sono molte altre, con numerose sfaccettature.
Il cambio atmosferico su tutti, indipendentemente dalla classe e dal voto attribuito, ha un effetto devastante sulle prestazioni automobilistiche. 

venerdì 23 agosto 2013

Possesso

L’uomo, per sua natura, ha da sempre cercato di spingersi oltre, in qualunque campo. Desiderava la pelliccia, per coprirsi dal freddo. Desiderava un’arma per difendersi dai nemici. Desiderava coltivare un campo per nutrirsi con i suoi frutti. Anni dopo, avendo coltivato con cura e amore il suo giardino, il nostro uomo, Pippo, si accorse che quello del vicino Grultz era molto più bello. E così l’uomo cominciò a desiderare il giardino del vicino, senza che questa volta ci fosse un motivo logico alla base. Pippo covò a lungo questo desiderio, finché questo non si trasformò in ossessione. Pippo uccise Grultz, prese possesso del giardino del vicino, e cominciò a coltivare anche questo. Ecco che si accorse che il vicino di Grultz, Poatch, aveva un giardino ancora più bello e grande.
In generale, l’uomo è spinto dal desiderio di migliorare la sua vita:
se in principio era lo spirito di sopravvivenza a farlo agire, oggi è qualcosa di differente. Cerchiamo il benessere, ambiamo al meglio, desideriamo salire la vertiginosa scala del successo.
Possesso. La chiave della felicità. Really?
E non parliamo del possesso materiale di oggetti o giardini, come il caso del povero Pippo. Ci sono condizioni in cui si ambisce al possesso di uomini e donne. “Terribile”, direte voi con vocette stridule!
Evidentemente gli schiavisti non la pensavano così: uomini ottusi, per lo più ignoranti, leggermente sdentati, così vengono di solito rappresentati i Sudisti, la fazione che durante la guerra civile americana si schierò in favore dello schiavismo. Questi soggetti tuttavia avevano dei Leader, che vuoi per motivi economici collegati al traffico di schiavi, vuoi per ideali simpatici come la gonorrea, diedero filo da torcere ai Nordisti in numerose battaglie, perdendo però la guerra.
Ma perché dover possedere una persona? Bè, per quanto riguarda lo schiavismo è semplice: ottenere servizi “aggratis”, senza dover sganciare un cent.
Ma ci sono altre forme di possesso: genitori ansiosi e apprensivi, fidanzati opprimenti e stalker sono gli schiavisti del mondo odierno.
Punto numero 1: in comune con gli schiavisti, hanno la capacità di mettere su un piano di inferiorità lo “schiavo”, che in questo caso diventa appunto una “vittima”. Di fatto, essere vittima di qualcosa, ti rende subordinato a quella persona e, allargando la nostra veduta, uno schiavo.
Punto numero 2: schiavisti e questi soggetti non comprendono la logica perversa del loro ragionamento; messi di fronte alla realtà dei fatti, la loro opinione rimane la stessa, in quanto non è tanto un’opinione quanto un’ossessione.
Punto numero 3: non essendoci possibilità di discussione democratica, l’unica soluzione possibile è giungere a un punto di rottura, ad una guerra civile, appunto.

Il desiderio di possesso è intrinseco alla natura dell’uomo. Non dimentichiamoci però delle altre qualità intrinseche dell’uomo: amore, comprensione, apertura mentale sono qualità che devono, giustamente, essere accompagnate da regole. Ma le regole non devono opprimere i rapporti interpersonali, che invece devono essere sani, scevri da qualunque possibile demone malvagio. E’ quando facciamo prevalere il demone, al posto dell’amore, del dialogo, della comprensione, che l’uomo si trasforma in quello che è il suo lato peggiore.
Cerchiamo di coltivare il nostro terreno, seminiamolo di dialogo, comprensione dell’altro, immedesimazione; facciamo crescere l’albero dell’amore così alto che, con la sua ombra, copra totalmente il lurido rampicante del possesso.